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– Mario Dusi.

Con sentenza del 16 febbraio 2023 nella causa C-393/21, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha fornito un importante chiarimento sull’interpretazione dell’articolo 23 del Regolamento (CE) n. 805/2004 (titolo esecutivo europeo per crediti non contestati).

La domanda di pronuncia pregiudiziale era stata presentata dalla Suprema Corte lituana, in merito alla richiesta di sospensione di un procedimento di esecuzione basato su un titolo esecutivo europeo, nell’ambito di una controversia tra due compagnie aeree.

Tale controversia era sorta a seguito di un’azione avviata dalla Lufthansa Technik AERO Alzey GmbH, nei confronti della Arik Air Limited, ai fini del recupero di un credito, per cui il Tribunale circoscrizionale di Hünfeld (Germania) aveva emesso un’ingiunzione di pagamento e, sulla base di questa, un titolo esecutivo europeo e un certificato di titolo esecutivo europeo; Lufthansa aveva, quindi, adito un ufficiale giudiziario lituano affinché desse esecuzione al titolo, conformemente al ridetto certificato.

Arik Air aveva presentato, al Tribunale del Land di Francoforte sul Meno, domanda di revoca del certificato di titolo esecutivo europeo e di cessazione del recupero forzato del credito, asserendo che gli atti processuali le erano stati notificati irregolarmente dal Tribunale di Hünfeld (con conseguente mancato rispetto del termine per proporre opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento), e, nel contempo, domanda di sospensione del procedimento esecutivo avanti all’ufficiale giudiziario lituano, finché il giudice tedesco adito non si fosse pronunciato in maniera definitiva sul ricorso.

L’ufficiale giudiziario lituano aveva respinto la domanda, ritenendo (ai sensi della normativa nazionale) non possibile sospendere un’esecuzione, e il Tribunale di Francoforte aveva subordinato la sospensione richiesta al deposito di una garanzia.

La Corte Suprema lituana si è rivolta alla Corte di Giustizia UE, affinché chiarisse (tra le altre cose) come dovesse essere interpretata la nozione di “circostanze eccezionali”, di cui all’articolo 23 lettera c) del Regolamento (CE) n. 805/2004, che prevede la possibilità, per l’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione, di sospendere il procedimento di esecuzione in, appunto, “circostanze eccezionali”.

La Corte UE ha chiarito quanto segue:

  • la formula “circostanze eccezionali”, non contenendo alcun rinvio al diritto degli Stati membri, costituisce una nozione autonoma dell’Unione e, dunque, il suo significato e portata devono essere interpretati in maniera uniforme in tutto lo spazio UE;
  • il legislatore UE non ha inteso limitare la portata dell’articolo 23, lettera c) alle sole situazioni di forza maggiore “che risultano, in linea generale, da eventi imprevedibili ed ineluttabili dovuti a una causa estranea al debitore”, ma anche ai casi in cui “la prosecuzione dell’esecuzione esporrebbe il debitore a un rischio reale di danno particolarmente grave il cui risarcimento sarebbe impossibile o estremamente difficile in caso di esito positivo del ricorso o della domanda proposta dal medesimo”;
  • l’esistenza di un procedimento giurisdizionale, avviato dal debitore nello Stato membro d’origine, al fine di contestare un certificato di titolo esecutivo europeo, costituisce “una condizione preliminare per l’esame, da parte del giudice o dell’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione, dell’esistenza di circostanze eccezionali al fine di sospendere eventualmente l’esecuzione di tale titolo”;
  • data la netta ripartizione delle competenze tra le autorità dello Stato membro d’origine (la cui legge disciplina l’emissione del titolo esecutivo UE), e quelle dello Stato membro dell’esecuzione, il margine di discrezionalità di cui dispongono i giudici e le autorità dello Stato membro dell’esecuzione, per valutare le circostanze in base alle quali è possibile accogliere una domanda di sospensione dell’esecuzione, è limitato;
  • detti giudici dovranno limitarsi a ponderare l’interesse del creditore (ossia procedere a un’esecuzione immediata del suo credito), da un lato, e quello del debitore (evitare danni particolarmente gravi, difficilmente o non riparabili), dall’altro lato.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte UE ha, pertanto, stabilito che se un titolo esecutivo europeo esponesse il debitore “a un rischio reale di danno particolarmente grave il cui risarcimento sarebbe, in caso di annullamento di detta decisione o di rettifica o revoca del certificato di titolo esecutivo, impossibile o estremamente difficile”, l’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione dovrà sospendere il ridetto procedimento.

Il bilanciamento degli interessi è dunque esposto alla valutazione di ogni singolo caso.