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-di Mario Dusi. Con sentenza del 18 maggio 2023, la Suprema Corte ha (in parte) ribadito che “l’efficacia della clausola compromissoria, in quanto clausola vessatoria, è subordinata alla specifica approvazione per iscritto nei soli casi in cui detta clausola sia inserita in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti […] ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari […], non già quando la clausola sia contenuta nello Statuto o nel Regolamento di un organismo sociale nel quale il soggetto entri a far parte”.

Inoltre, “ai fini dell’osservanza della forma scritta richiesta ad substantiam dall’art. 808 c.p.c. per l’approvazione della clausola compromissoria, se quest’ultima è contenuta in uno statuto sociale è sufficiente la sottoscrizione, da parte del socio aderente, della domanda di ammissione alla società, con la correlativa approvazione dello statuto sociale. Nè è invocabile l’art. 1341 c.c. per richiedere una specifica approvazione scritta della clausola compromissoria, nell’ipotesi di nuovi soci aderenti ad una società già costituita, ove la parità di posizione dei soci esclude la contrapposizione di interessi ed il predominio di un socio sugli altri”.

Il tutto anche in un caso in cui la clausola arbitrale non indicava in modo preciso se si trattasse di un procedimento rituale o irrituale, bensì aveva il mero richiamo al Regolamento di una Camera Arbitrale e di Commercio.

La sentenza conferma che esistono sempre meno barriere e limitazioni alle clausole arbitrali ed al loro intervento, con ampia possibilità alla risoluzione delle controversie fuori dalle aule di giustizia (Cartabia docet!).