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– di Mario Dusi.

Con ordinanza dell’8 settembre 2020 numero 18659 la Suprema Corte ha ribadito tutti i concetti relativi alle responsabilità delle aziende per gli infortuni in itinere, osservando che la fruizione di un permesso realizza una sospensione dell’attività lavorativa che non differisce dalle pause (dei riposi) di un turno di lavoro e pertanto non viene meno il collegamento con il rapporto di lavoro.

Da questo concetto di base ne deriva che l’infortunio che si realizza nel tragitto casa/lavoro, anche nel caso di permesso, è necessariamente ricompreso nella tutela dell’INAL.

Interessante è l’obiter dictum che al contrario definisce i casi di infortuni non in itinere (ribadendo quanto peraltro già indicato nelle normative applicabili tra cui il Testo Unico numero 1124/1965 con le modifiche di cui al D.Lgs. 38/2000), ossia che “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello del lavoro e l’interruzione della deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”.

Naturalmente la chiosa è che “L’assicurazione opera, anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato.”

Sostanzialmente restano esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici di psicofarmaci, o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni, oppure nell’ipotesi in cui il conducente sia sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.

Tutto ciò impatta, come facilmente evincibile, ai fini della individuazione da parte del datore di lavoro dei propri carichi e delle proprie “responsabilità” nei confronti dell’INAIL.

Dusilaw si occupa da anni di vertenza di questo tipo, costantemente cercando di sensibilizzare le aziende alle tematiche di riferimento.