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– di Fabrizio Angella.

Con nota del 25/06/2020, l’Ufficio stampa della Corte Costituzionale comunica che la Consulta, dopo aver esaminato in data 24 giugno 2020, le questioni di costituzionalità sollevate dai Tribunali di Bari e di Roma con riguardo ai criteri di determinazione dell’indennità da corrispondere nel caso di licenziamento viziato solo dal punto di vista formale e procedurale (articolo 4 del d.lgs. n. 23 del 2015), ha dichiarato incostituzionale l’inciso “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”, in quanto fissa un criterio rigido e automatico, legato al solo elemento dell’anzianità di servizio.

In altri termini, con detta sentenza (le cui motivazioni verranno depositate nelle prossime settimane) la Corte Costituzionale torna a “bocciare” il Jobs act, confermando il principio generale, già affermato nel 2018, che il solo criterio dell’anzianità di servizio per determinare l’indennità risarcitoria nei licenziamenti illegittimi è incostituzionale.

Infatti, con la sentenza n. 194 del 08/11/2018 la Corte Costituzionale aveva già ritenuto incostituzionale, nei casi di licenziamenti ingiustificati, il criterio della sola anzianità di servizio nel determinare gli indennizzi (che oggi, dopo il “Decreto dignità”, varia da 6-36 mensilità), facendo rivivere la discrezionalità dei giudici di merito, chiamati cioè a decidere il ristoro più opportuno da riconoscere al dipendente licenziato illegittimamente.

Nello stabilire questo “ristoro” l’allora sentenza del 2018 indicava, a titolo esemplificativo, altri criteri, oltre all’anzianità di servizio, quali il numero di dipendenti occupati, le dimensioni dell’attività economica, il comportamento e le condizioni delle parti.

Da allora il Legislatore non è però mai intervenuto per disciplinare, per legge, i criteri per determinare il ristoro monetario, lasciando finora il compito ai singoli giudici del lavoro.

Oggi la Consulta torna su una fattispecie minore di licenziamento illegittimo, ossia quello determinato per vizi solamente formali e procedurali, quale ad esempio il mancato rispetto dei termini; anche in questi casi, il Jobs act prevedeva, in caso di illegittimità del licenziamento, una sanzione economica fino a un massimo di 12 mensilità, nuovamente ancorata al criterio dell’anzianità di servizio.

Ecco allora che la Corte Costituzionale, coerentemente con la precedente pronuncia del 2018, torna a confermare l’incostituzionalità dell’inciso “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento … per ogni anno di servizio”, in quanto, come è dato leggere nel Comunicato stampa, “fissa un criterio rigido e automatico, legato al solo elemento dell’anzianità di servizio”.

Non resta ora che attendere le motivazioni della sentenza in un tema tecnicamente complesso e di estrema delicatezza.