– di Mario Dusi.

Con la risposta numero 203 del 2019 l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza sulla modalità di individuare gli elementi per stabilire quale Stato possa pretendere l’imposizione fiscale nei confronti di un cittadino, anche italiano, residente all’estero (nel caso esaminato in Danimarca) ma non iscritto all’AIRE.

L’iscrizione all’AIRE è stata più volte oggetto di valutazione da parte delle Corti di merito e della Suprema Corte, individuando tale aspetto formale come elemento determinante ai fini della decisione su quale Stato potesse pretendere (appunto) il pagamento delle tasse.

Con la menzionata risposta, non solo l’Agenzia di fatto smonta la teoria dell’iscrizione (o meno) all’AIRE – facendo riferimento alla convenzione stipulata nel 2002 fra Italia e Danimarca e più precisamente alle cosiddette tie-breaker-rules – ma individua altresì in ordine decrescente i criteri per la determinazione della residenza fiscale della persona fisica, tra i quali:

  • l’individuazione del centro di interessi vitali (abitazione principale e relazioni personali ed economiche);
  • la dimora abituale (in via residuale rispetto alla prima caratteristica):
  • la nazionalità della persona fisica;
  • ed infine (anche in caso di doppia nazionalità del contribuente) attraverso un comune accordo tra gli Stati, che preveda l’applicazione delle Convenzioni esistenti (come quella sopra menzionata).

In questo settore dunque prevale la valutazione dell’Agenzia delle Entrate, rispetto alle sentenze delle Corti, poiché maggiormente precisa nella identificazione degli elementi atti ad individuare i presupposti impositivi.

Anche di questi aspetti si occupa da anni Dusilaw.