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– di Mario Dusi.

Con sentenza depositata il 5 giugno 2018 (Sentenza 14409-18) la VI Sezione Civile della Suprema Corte avvicina, nell’interpretazione del Codice Civile, la normativa italiana a quella tedesca.

Come ben noto a chi lavora in via transnazionale tra l’Italia e i Paesi d’oltre
Alpe (soprattutto di lingua germanica), spesso il professionista viene posto di fronte alla richiesta del cliente straniero di promuovere la risoluzione del contratto a causa di un mancato rispetto di tempi di fornitura di un prodotto, il più delle volte da parte di società italiane.

Con la sentenza sopra menzionata la Suprema Corte italiana abbandona una qual certa rigidità formale in tema di rispetto del termine di fornitura, nonché di tolleranza del committente.

Fino ad oggi infatti non si aveva la certezza di ottenere una dichiarazione di scioglimento del vincolo contrattuale in caso di mancato rispetto delle esatte date di forniture (elemento questo determinante per la maggior parte delle aziende tedesco/parlanti, che spesso si riforniscono di materie prime o semilavorati da aziende italiane), senza la espressa previsione di una clausola contrattuale ben specifica e facente esatto riferimento all’articolo 1457 del Codice Civile (che regolamenta il termine essenziale, appunto).

La sentenza qui commentata, invece, precisa che “L’inosservanza di un termine non essenziale previsto dalle parti per l’esecuzione di un’obbligazione, pur impedendo – in mancanza di una diffida ad adempiere – la risoluzione di diritto ai sensi dell’articolo 1457 c.c. non esclude la risolubilità del contratto, a norma dell’articolo 1453 c.c. se si traduce in un inadempimento di non scarsa importanza, ossia se il ritardo superi ogni ragionevole limite di tolleranza occorrendo aver riguardo all’oggetto ed alla natura del contratto al comportamento complessivo delle parti (anche posteriore alla conclusione del contratto) ed al persistente interesse dell’altro contraente alla prestazione, dopo un certo tempo”.

La Corte Suprema, finalmente, ha deciso di non precludere la valutazione sulla gravità dell’inadempimento, anche in assenza di un termine essenziale pattuito tra le parti, pur mantenendo un certo margine di “elasticità giuridica”, laddove indica il protrarsi del ritardo oltre un ragionevole tempo e non definendo in maniera specifica quale esso sia.

In un mercato globale ove la tempistica di produzione, ai fini della consegna al cliente finale, è ormai calibrata non più sui giorni ma sulle ore, vi deve essere l’obbligo dunque anche per il fornitore italiano di rispettare le tempistiche di consegna pattuite; la maggiore attenzione a questo aspetto del rapporto di fornitura potrebbe (meglio, dovrebbe) concretizzarsi in una ancora maggiore affidabilità delle aziende italiane, tutto sommato traducendosi in un vantaggio di mercato per le stesse.