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– di Mario Dusi.

Nonostante la normativa che definisce l’attività professionale del broker assicurativo risalga al 1984 (legge num. 792), ancora di recente varie corti civilistiche si sono sentite in dovere – quando affrontano fattispecie di richieste di responsabilità dei broker – di dover definire lo spettro della loro attività.

Così la Suprema Corte con ordinanza 9863 del 2021 definisce ed inquadra il broker assicurativo come colui che “svolge – accanto all’attività imprenditoriale di mediatore di assicurazione e riassicurazione – un’attività di collaborazione intellettuale con l’assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l’assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell’assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui; peraltro, tale attività di collaborazione non investe solo la fase genetica del rapporto, ma consiste anche nell’assistenza durante l’esecuzione e la gestione contrattuale”.

Tali elementi erano stati acclarati (in una controversia tra un broker ed una PA) dal TAR Lecce, con sentenza num. 4445 del 31 ottobre 2000, che già allora indicava come l’incarico di brokeraggio non si limitasse “alla mera consulenza, ma comportasse lo svolgimento di molteplici attività quali: l’assistenza al cliente per la ricerca della migliore copertura assicurativa, eventualmente indicendo a tal fine anche gare, la messa in relazione del cliente con l’impresa assicuratrice più idonea allo scopo, l’assistenza nella determinazione del contenuto del contratto, la collaborazione nella gestione ed esecuzione del contratto medesimo”. Il broker svolge pertanto per ridetta corte “un’attività precedente ed una successiva alla messa in contatto dell’assicurando con l’assicuratore, assistendo preliminarmente il cliente, gestendo e curando l’esecuzione del contratto di assicurazione stipulato, promuovendo la conclusione dei contratti”.

Tutti questi elementi legati alla attività dei broker assicurativi portano – inevitabilmente – alla configurazione di una responsabilità professionale che comporta un rischio risarcitorio, come anche delineato dal Tribunale di Milano con sentenza del 13 novembre 2019 secondo la quale: “Il broker è responsabile nei confronti del cliente che gli abbia conferito il mandato di gestire i suoi contratti assicurativi e di prestare consulenza in suo favore in materia di gestione del rischio. Tale responsabilità si configura allorché, in prossimità della scadenza di una polizza infortuni stipulata a favore dei propri dipendenti, il broker non acquisisca presso la Compagnia tutte le informazioni necessarie al fine di assicurare al cliente il rinnovo della polizza alle condizioni migliori e atte a garantirlo contro un determinato rischio: esponendo così il cliente al danno conseguente dall’aver pattuito un massimale più basso di quello previsto dal contratto collettivo.

Egregi broker, assicurate i vostri clienti, ma assicuratevi altresì personalmente di non correre rischi professionali ed andare incontro a pretese risarcitorie.