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– di Laura Basso.

In tema di assegno di mantenimento, con la pronuncia n. 24049 del 06.09.2021 la Cassazione ribadisce due importanti principi in tema di prova del relativo diritto in sede di separazione personale dei coniugi.

Il primo: il richiedente non avrà diritto all’assegno di mantenimento se l’altro coniuge dimostra che, pur in assenza di una attività lavorativa retribuita, sussiste, nel richiedente, l’attitudine al lavoro proficuo quale potenziale capacità di guadagno, ossia l’effettiva possibilità di svolgere un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche. Il giudice del merito, infatti è chiamato a verificare se, in concreto, esista la possibilità, da parte del richiedente, di intraprendere una attività retribuita. Il fatto che il richiedente dimostri di prestare assistenza al figlio minore portatrice di handicap non esime il giudice dal verificare se dette cure prestate siano compatibili con lo svolgimento di una qualche occupazione lavorativa retribuita e se su detta concreta possibilità assuma rilievo il diploma di studio conseguito dal richiedente, oltre che l’aver eseguito, in precedenza, prestazioni lavorative inerenti detto titolo di studio. Tale accertamento in concreto esclude pertanto il diritto all’assegno di mantenimento.

Il secondo: in sede separazione personale dei coniugi, l’assegno di mantenimento assolve ad una funzione che lo differenzia dall’assegno divorzile: la separazione infatti presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicchè i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’articolo 156 c.c., detto assegno, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, che costituisce invece il presupposto dell’assegno di divorzio e che fonda il diritto alla relativa percezione invece sulla valutazione della durata della vita coniugale e sull’apporto dato da ciascun ex coniuge al miglioramento della condizione patrimoniale della famiglia.

In conclusione, mai dimenticare che:

  1. l’onere della prova circa la sussistenza del diritto all’assegno di mantenimento grava sempre sul richiedente, che deve dimostrare l’oggettiva impossibilità di provvedere al proprio sostentamento;
  2. il diritto all’assegno di mantenimento si fonda su presupposti differenti in sede di separazione personale rispetto al divorzio;
  3. l’assegno di mantenimento può essere chiesto in sede di divorzio anche se non concesso in sede di separazione e può sempre essere modificato e/o revocato se intervengono nuove circostanze che ne fondano la revisione.

Molteplici sono infatti gli aspetti che caratterizzano il diritto a tale assegno, che devono essere ben considerati prima di avanzare tale pretesa, al fine del relativo accoglimento.

Per maggiori approfondimenti in tema di diritti spettanti a coniugi, ex coniugi e conviventi l.basso@dusilaw.eu