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– di Niccolò Poli. Sentenza-cassazione-14188-2016 

Con la Sentenza n. 14188 del 12.07.2016, la Corte di Cassazione torna sulla annosa questione in merito alla natura della responsabilità precontrattuale: contrattuale o extracontrattuale?

Con il termine responsabilità precontrattuale si intende qualificare un comportamento doloso o colposo, posto in essere in violazione del principio di buona fede, per mezzo del quale si vada a ledere la libertà negoziale altrui in una fase in cui ancora non sono sorti gli obblighi derivanti dal contratto che si intenderebbe concludere.

Difatti, come noto, la conclusione del contratto può essere preceduta da vincoli di vario tipo e natura incidenti nella formazione dello stesso (trattative, lettera di intenti, etc).

Tuttavia le trattative, per quanto avanzate, non possono vincolare alla conclusione del contratto né la parte può essere vincolata al loro proseguimento.

A tal proposito l’ordinamento ha sancito la responsabilità precontrattuale sulla base degli articoli 1337 e 1338 del codice civile, ossia il dovere, in capo alle parti, di comportarsi secondo buona fede e correttezza nello svolgimento delle medesime (1337 c.c.) nonché nel dovere di corretta informazione (1338 c.c.), proprio al fine di garantire una tutela giuridica anche in assenza di precisi obblighi contrattuali.

Il dibattito giurisprudenziale sulla natura giuridica della responsabilità precontrattuale ha da sempre visto contrapporsi due teorie:

  • quella extracontrattuale, fondata sul solo principio del neminem laedere come disposto ex art 2043 c.c., per la quale in assenza di un contratto non possono sussistere obbligazioni contrattuali a carico delle parti;
  • quella contrattuale, che invece si basa sulla figura, di derivazione prettamente romana (ed accolta anche in altri paesi come la Germania ed i paesi di Common Law), del “quasi contractus”, ossia di quel rapporto obbligatorio privo di un obbligo di prestazione, qualificato dall’affidamento reciproco delle parti e connotato da obblighi di informazione e correttezza, in aggiunta al generale obbligo di buona fede, per i quali le parti assumono una posizione di reciproca garanzia. Ciò che ad oggi definiamo contatto sociale qualificato.

Orbene il problema dell’inquadramento della natura giuridica della responsabilità precontrattuale ha, al di la del mero disquisire dottrinale, dei risvolti fondamentali sia in termini di prescrizione del diritto al risarcimento del danno (cinque o dieci anni) sia in termini di onere probatorio (in capo al danneggiato o al danneggiante).

In precedenza la Cassazione aveva per lungo tempo ritenuto di dover accogliere la prima teoria e pertanto aveva da sempre fatto ricadere la responsabilità precontrattuale nell’ambito della responsabilità extracontrattuale.

Tuttavia ad oggi l’orientamento della Suprema Corte sta decisamente cambiando.

Difatti in molteplici materie ove è stata chiamata ad esprimersi, la Cassazione ha stabilito una responsabilità di tipo contrattuale, pur in assenza di un contratto, qualora vi fosse un “contatto sociale qualificato”. Ossia in tutte quelle situazioni nelle quali, per effetto del rapporto che si è instaurato tra le parti e del conseguente affidamento reciproco nei doveri di buona fede, correttezza e professionalità, si ingenerino tra le parti obblighi di protezione che precedono e si aggiungono agli obblighi di prestazione derivanti dal contratto.

Ad avviso della Suprema Corte la responsabilità extracontrattuale permane invece in tutte quelle circostanze in cui il contatto tra le parti avvenga solo al momento della lesione, generando l’obbligo al risarcimento del danno. Dunque in tutte quelle circostanze ove non sussiste un rapporto preesistente tra le parti che vada a far insorgere obblighi (di prestazione o di protezione), tali da configurare una responsabilità contrattuale.

Tale nuovo orientamento, ormai in via di definitiva consolidazione, così come confermato anche dalla recente sentenza in commento, è il palese sintomo di una volontà da parte della giurisprudenza, così come della dottrina, di tutelare maggiormente i soggetti che instaurano relazioni significative e rilevanti, qualificate appunto.